I link della settimana (#7)
(i) AI Inventing Its Own Culture, Passing It On to Humans, Sociologists Find (Edward Ongweso Jr in Vice, 25 maggio 2022). Fra i tanti modi di pensare agli algoritmi, un aspetto interessante e’ che nella vita di tutti i giorni ci ritroviamo (e probabilmente ci ritroveremo sempre di più) a interagire con essi, possibilmente come supporto alle nostre decisioni. Ogni volta che tripadvisor ci consiglia un ristorante possiamo decidere se andarci o no e, con una recensione, influenzare le successive iterazioni dell’algoritmo. Questo pezzo - al di la’ del titolo acchiappa-click - racconta di esperimenti (l’articolo originale si trova qui) in cui viene fatto qualcosa di simile: partecipanti umani si trasmettono l’uno con l’altro soluzioni a problemi (una forma semplificata di trasmissione culturale) ma, in alcuni casi, al posto dei partecipanti umani ci sono algoritmi. Cosa succederà? (Anche io mi adeguo al clickbait.)
(ii) Is misinformation triggered by unmet demand in the news market? (Pietro Gravino in Nature Portfolio, 24 maggio 2022). Un’idea molto diffusa è che la disinformazione online, le “fake news”, siano materiale scadente, che circola in rete a causa del fatto che i social media hanno vari svantaggi. Ho sempre pensato che questa idea non sia molto buona. Se le fake news circolano (anche, se, contrariamente all’opinione comune, non tanto) deve essere perché soddisfano qualche bisogno e, infatti, perché i social media sono molto efficaci nel darci l’informazione che vogliamo (che questa sia una cosa buona o no, è un altro discorso). In questo articolo viene presentata una ricerca sulla disinformazione (in Italia!) che mostra come durante la prima fase dell’epidemia di COVID, i siti “questionabli” siano stati più abili, e veloci, a fornire contenuti a cui gli utenti internet (noi) erano interessati.
(iii) The fingerprints of misinformation: how deceptive content differs from reliable sources in terms of cognitive effort and appeal to emotions (Carlos Carrasco-Farré in Humanities and Social Sciences Communications, 5 maggio 2022). Un’altra ragione per cui la disinformazione può avere successo è perché è appositamente costruita per essere più “seducente” dal punto di vista cognitivo. Cito dall’articolo linkato qui:
misinformation, on average, is easier to process in terms of cognitive effort (3% easier to read and 15% less lexically diverse) and more emotional (10 times more relying on negative sentiment and 37% more appealing to morality).
(iv) NFT Giallozafferano. Una mia segreta (non tanto segreta per chi mi conosce) passione è la cucina. Ammetto che, dalle desolate lande britanniche, Giallozafferano mi pare una fonte consistente e relativamente affidabile di ricette (se non siete d’accordo o avete altri consigli fatemi sapere!). Ho appena scoperto che Giallozafferano ha lanciato una collezione di ricette NFT (comunicato stampa qui). Insomma le ricette in NFT (Non-Fungible Tokens, potete avere più informazioni per esempio qui) ci permetteranno, per esempio, di “possedere” (per svariate euro) versioni di grandi chef di “ricette iconiche”. Trovo interessante che una delle prime iniziative di larga scala con NFT (almeno per quello che ne so) in Italia riguardi la cucina…magari nelle prossime settimane faremo un “cinque link” speciale su tutto questo (NFT & Crypto).
(v) Per finire, come settimana scorsa, ancora un po’ di auto-promozione: From storytelling to Facebook (Alberto Acerbi, 30 maggio 2022). Spesso sentiamo dire che i social media promuovono contenuti negativi, aggressivi, emozionali, etc. Tutto questo e’ (probabilmente) vero, ma la domanda e’: come facciamo a sapere che i social media causino il successo di questi contenuti? Per fare questo dovemmo confrontare la comunicazione nei social media con la comunicazione in altri contesti, e vedere se ci sono differenze. I contenuti negativi - per esempio - sembrano avere successo anche altrove (basta pensare ai media tradizionali). In questo blog post (in inglese) approfondisco un po’ su questo tema.