I link della settimana (#68)
(i) Chi tende a credere nelle teorie del complotto spesso afferma di “pensare con la propria testa”, e di non essere influenzato dalla maggioranza come tutti gli altri. In realtà (non sorprendentemente) non sembra sia il caso.
(ii) Ancora sulla teorie del complotto. Un’ipotesi che mi piace è che un ruolo importante nel loro successo sia dovuto al fatto che ci permettono di risolvere enigmi e sviluppare teorie complesse e alla soddisfazione che ne deriva. Insomma, i complottisti non sarebbero creduloni, ma scienziati che prendono delle scorciatoie, generalmente che non portano da nessuna parte.
(iii) Trump, che zuzzurellone, ha affermato che a Springfield gli immigrati haitiani mangerebbero gli animali domestici. Come saprete, accusare gli altri di violare tabù alimentari è una pratica vecchia come il mondo. Più in generale, è un buon esempio di come il successo di molte fake news (e leggende metropolitane) sia dovuto all’uso di elementi cognitivamente attraenti, per esempio il contenuto negativo, elementi che suscitano disgusto, riferimenti a dinamiche sociali rilevanti…
(iv) Che le notizie negative abbiano più successo di quelle positive continua a venire confermato, in questo caso con esperimenti.
(v) Se siete lettori di “Cinque link a settimana” potreste essere interessati al fatto che abbia finito di scrivere un libro, che uscirà nei prossimi mesi per Il Mulino. Gli argomenti sono proprio quelli trattati qui, ma sarà scritto meglio (spero). Il libro è rivolto a un pubblico ampio e recensisce ricerche su temi come la disinformazione online (capitolo 3), le teorie del complotto (capitolo 4), la polarizzazione (capitolo 5), la radicalizzazione algoritmica e il micro-targeting (capitolo 6), e salute mentale e uso dei social media (capitolo 7), mostrando che molte ricerche non sono consistenti con un approccio allarmistico. Inserisce le narrazioni allarmistiche nel contesto storico dei “tecnopanici” legati alle tecnologie di comunicazione (capitolo 1) e delle teorie evoluzionistiche sull’influenza sociale (capitolo 2). Infine, discuto (capitolo 8) perché le soluzioni proposte dalle narrazioni allarmistiche potrebbero essere controproducenti e cosa fare invece.