I link della settimana (#28)
(i) Negativity drives online news consumption (Claire E. Robertson, Nature Human Behaviour, 16 marzo 2023). Uno studio (pre-registrato) di più di 100,000 titoli di news da Upworthy che mostra chiaramente come titoli più negativi vengano più cliccati. Un’altra conferma, insomma, del fatto che i contenuti negativi, a parità di altre condizioni, attirino più attenzione di quelli positivi. E’ una vecchia storia, ma è interessante che questo negative bias sembri aumentare in tempi recenti. Una possibile spiegazione potrebbe essere una maggiore competizione tra media che devono catturare l’attenzione del pubblico e quindi utilizzano le strategie più sicure, come potrebbe essere il - praticamente universale - negative bias. Un altro aspetto, più divertente, è che Upworthy, il sito i cui dati sono stati utilizzati per la ricerca, si definisce come “a website dedicated to positive storytelling”…
(ii) Propaganda (Almost) Never Works (Hugo Mercier, Persuasion, 15 marzo 2023). Per un po’ di tempo si è parlato delle "fabbriche di troll” russe, che avrebbero influenzato le elezioni americane (la famigerata "Internet Research Agency"), e, più recentemente, manipolato l’opinione pubblica discreditando vari leader occidentali in occasione della guerra in Ucraina. Ma, sembra, “la macchina della propaganda” (come scriverebbero i giornalisti) non funzioni granché, come si racconta in questo articolo. E, più in generale, i tentativi di persuasione di massa non hanno spesso successo. Soprattutto, come conclude Hugo Mercier:
In short, it is not satisfactory to claim that the problems that plague America and other countries are caused by Russian interference. Such interference only exacerbates existing issues. To truly understand and heal the rifts dividing us, we must look not to outside enemies, but to inside our own societies.
(iii) Why I'm Skeptical About the Link Between Social Media and Mental Health (Dylan Selterman, Psychology Today, 21 marzo 2023). Tornando al dibattito su utilizzo dei social media e salute mentale degli adolescenti, qui un articolo che riassume le varie incertezze sul tema, per cui sembra difficile, ancora una volta, affermare che la ricerca ci dia delle indicazioni chiare. Qui invece, purtroppo, un esempio dalla televisione italiana di come non si dovrebbe trattare il tema, con scarso rispetto della ricerca scientifica, allarmismo e sensazionalismo (tra l’altro, iniziare con la “rivoluzione del metataverso” mi fa temere che siano aggiornati come un telefono a disco1)
(iv) Can Fighting Misinformation Have a Negative Spillover Effect? How Warnings for the Threat of Misinformation Can Decrease General News Credibility (Toni van der Meer et al., Journalism Studies, 16 marzo 2023). Abbiamo discusso spesso - o almeno di solito lo faccio - di come uno dei problemi di un’attenzione eccessiva al (supposto) pericolo della disinformazione online sia la possibilità che produca un generale calo di fiducia nei media, anche quelli credibili (questo un problema vero). La ricerca linkata qui mostra come questo effetto accada in una situazione sperimentale: i partecipanti a cui viene mostrato un avvertimento generale sulla diffusione/pericolosità della disinformazione online tendono poi a valutare come meno credibili anche notizie vere. Aggiungo che, visto che la disinformazione online non è cosi diffusa come spesso si crede, questi interventi potrebbero avere un effetto netto negativo: non è detto che renderci (ancora) più scettici sia vantaggioso.
(v) On the over and under detection of agency (Tom Stafford, Reasonable People, 24 marzo 2023). Almeno un link su GPT-4 fatemelo mettere. Senza dubbio, le capacità di GPT-4 sono impressionanti, ma quanto dipendono (i) dalla collaborazione tra i prompt scritti dagli umani che interagiscono con la chat (ne riflettevo a proposito delle supposta abilità di scrivere programmi) e (ii) dal fatto che, abituati ad (ed evoluti per) avere a che fare con altri esseri umani, tendiamo ad assegnare agency ad entità che ne potrebbero essere sprovviste?